Adattamento cinematografico dell’omonimo musical di Broadway e ambientato nel 1987 a Los Angeles, Rock of Ages racconta le vicissitudini di Sherrie, una giovane e attraente ragazzotta del Kansas, arrivata in città per diventare una star. Al Bourbon Room, un locale celebre per i concerti live ma in difficoltà economiche, conosce l’asprirante rocker Drew Boley:nasce una storia d’amore che vivrà momenti difficili mentre sullo sfondo si intrecciano le vicende di personaggi strampalati.

Se la trama è prevedibile e convenzionale, la mìse en scene è impeccabile: un aggettivo che ricorre spesso esaminando il film sotto il profilo tecnico, ammirando nel mentre le performance vocali del cast. La scelta di due volti giovani e freschi è azzeccata e sia Julianne Hough che Diego Boneta reggono bene le luci del palcoscenico. I fuochi d’artificio però spettano ai comprimari di lusso: Russell Brand, Catherine Zeta-Jones, Alec Baldwin, Paul Giamatti, Malin Åkerman e Mary J. Blige sono tutti in bella forma e danno vita a personaggi convincenti e simpatici, dimostrando anche (nel caso della coppia Baldwin/Brand) insospettabili doti canore.

Su tutti però svetta, molto convincente, Tom Cruise. E’ tempo che anche i suoi più feroci detrattori ammettano che negli ultimi anni l’attore ha compiuto passi da gigante e affinato il suo (oggettivamente molto scarso) talento aggiungendo quella necessaria dote di autoironia utile a garantire a sè stesso una vecchiaia d’oro (la stessa che sta vivendo Alec Baldwin che da giovane e fico si filavano in pochi mentre oggi è da tutti considerato un’icona brillante al pari forse del solo Bill Murray) e al pubblico grandi performances. Il personaggio di Stacee Jaxx, icona sul viale del tramonto, strafatta e immacolata, rockettaro sessuomane larger-than-life, rappresenta uno dei migliori della sua quasi trentennale carriera (anche se Les Grossman resta inarrivabile).

Eppoi c’è la musica, due ore quasi ininterrotte di brani celebri a tutto rock. Def Leppard, Styx, Journey, Bon Jovi, Pat Benatar, Steve Perry, Poison e chi più ne ha più ne metta: alcuni mix sono discutibili, ma l’effetto nostalgia, per chi ha vissuto quegli anni, si fa sentire. Adam Shankman, che qualche anno fa aveva curato con successo un’altra trasposizione da Broadway a Hollywood (Hairspray) pur non riuscendo a trattenere del tutto le tentazioni Glee-esche confeziona sì un musical perfettamente capace di riprodurre le atmosfere, i suoni e i colori di un’era in cui il rock agonizzava (feroci, per quanto prevedibili, le stilettate alle allora emergenti boy band) ma era ancora capace di regalare emozioni. Certo i difetti non mancano: durata eccessiva, ridondanza di alcune sequenze, uno script che avrebbe potuto accentuare il senso di “fine epoca” e rendere più intriganti alcuni personaggi (e quello “nuovo” interpretato dalla Zeta Jones è davvero poca cosa), ma alla fine il bilancio è positivo.

Infine complimenti vivissimi ai distributori italiani della pellicola: qualcuno ci spieghi a che pro cambiare il nome dello scimmiotto che accompagna in ogni scena Tom Cruise da Hey Man (ovvio e palese riferimento a Tropic Thunder) con un anonimo Che Bello. Continuiamo così, facciamoci del male…



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Andrea Chirichelli

Classe '73. Giornalista da tre anni, ha offerto il suo talento a riviste quali Wired, Metro, Capital, Traveller, Jack, Colonne Sonore, Game Republic e a decine di siti che ovviamente lo hanno evitato con anguillesca agilità. Ha in forte antipatia i fancazzisti, i politici, i medici, i giornalisti e soprattutto quelli che gli chiedono foto.

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